La mietitura

Verso la metà di giugno, quando ormai i campi seminati a grano da “pascuni” verde smeraldo erano diventati color dell’oro, arrivavano i mietitori di Pallagorio, Carfizzi, Savelli, S.Nicola. Anche questa giornata di lavoro, vissuta come festa, può essere tradotta in un’immagine poetica: nei campi si vedevano uomini protetti da “ bavere” - una specie di grembiule - con le dita della mano sinistra, infilate in dei pezzi di canna per evitare tagli, e armati, nella mano destra, di “facigghie” di mezzo metro di diametro, tenere il grano con la mano sinistra e muovere il braccio destro con la stessa ritmicità di un metronomo. Quando arrivava il momento della trebbiatura, si metteva sotto la trebbia la coperta “i l’aria”, su cui poi rimaneva il grano. Il pranzo dei mietitori che consisteva in pasta con ceci, carne di maiale salata e prosciutto, veniva preparato dalla padrona “i l’aria”, cioè la zona in cui era posta la trebbia. Il cibo veniva trasportato in campagna, in quanto i mietitori non abbandonavano i campi se non dopo aver completato tutte le zone da mietere.
 
 
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